IO ALLA TARANTA CI CREDO

Venerdì 13 agosto la prima presentazione a Lecce per ExtraConvitto

IO ALLA TARANTA CI CREDO
Data: 13 agosto 2021
Luogo: lecce
Indirizzo: piazzetta Carducci
Milena Magnani IO ALLA TARANTA CI CREDO TITOLO: Io alla taranta ci credo AUTORE: Milena Magnani ANNO: 2021 COLLANA: Traversamenti 08 FORMATO: 13x19 cm. ISBN: 9788885863989 PAGINE: 304 PREZZO: 15.00 euro Sessant’anni più tardi, il mitologico ragno si aggira ancora nella demartiniana “terra del rimorso”. Certo, sono cambiati i territori in cui abita, cambiati gli scenari delle sue misteriose aggressioni, insieme al paesaggio salentino trasformato da xylella, roghi, costruzioni abusive e mega impianti. Dalla campagna, il ragno si trasferisce in città, seguendo nuove inquietudini e malinconie. Io alla taranta ci credo è un racconto corale, una tela che intreccia le vite di personaggi diversi, molti dei quali realmente esistenti. Una personale geografia affettiva tratteggiata dall’autrice, da decenni legata al Salento, a cui ha dedicato una parte importante del suo lavoro e un impegno diretto per la tutela del territorio con l’“Orto dei Tu’rat”, progetto di contrasto alla desertificazione del territorio più volte oggetto di incendi dolosi. Un tributo alla terra elettiva, alla patria per vocazione. La voce narrante ci accompagna a esplorare, conoscere e ri-conoscere il Salento e le sue contraddizioni: la bellezza densa di storie dell’Orto dei Tu’rat e la cieca ferocia di chi lo dà alle fiamme, il rapporto con un presente in rapidissimo cambiamento, di cui sfuggono i contorni e le prospettive, lasciando solo domande aperte (eloquenti in tal senso i titoli dei capitoli che compongono il libro: «Perché Eliseo dice – Ci mme cunti? / che cosa unisce le bacchettate di un maestro al condono edilizio / e come si colora il mare quando smette di sbarcare saraceni» ecc.). Al centro della tela Donata, una giovane donna inquieta alla ricerca di se stessa, la cui modernità deve fare i conti con una storia ancestrale. Sarà proprio l’appartenenza al territorio e alla sua cultura la chiave di volta del malessere, di quella malesciana che Donata non sa dire. Nel secolo ventunesimo, la cura proposta alla paziente non può più essere quella del rituale storico classico, che faceva ballare tarantate e tarantati al ritmo del tamburello inseguendo a ritroso i passi del ragno. Gli psicofarmaci hanno sostituito la terapia domiciliare e corale, perfezionando gli equilibri biochimici: e tuttavia, il vuoto dell’isolamento e dell’incomprensione, come e più di prima, resta. L’attraversamento di un disagio personale diventa così un lento lasciarsi andare nel profondo di uno spazio culturale, storico, esistenziale oltre che geografico, tra incontri reali e incontri solo immaginati, sentiti o presagiti, in cui risuona lo stile del realismo magico sudamericano. È la maestria dell’autrice che tesse i fili e ne fa un racconto avvincente dalle sfumature noir, un tributo d’amore che a tratti cede alla rabbia e alla nostalgia, così come richiama il titolo, decisamente provocatorio. Da leggere tutto d’un fiato fino all’ultima pagina.   Dal libro: Il ragno si è presentato sulla mia coscia a tradimento. Completamente fuori epoca. Senza neanche chiedermi di pronunciare quelle sei parole contadine: “Fimmene fimmene ieu vau allu tabaccu.” Mi ha morso in un fine estate in cui nella mia cucina non c’era più lo scolapasta di alluminio appeso a un chiodo e neanche il ferro per fare i minchiareddhi. Mi ha morso nella stessa epoca in cui Paolino cantava a squarciagola Drefgold. Mi ha morso nella globalità. Tra i messaggi whatsapp, nelle notti della movida salentina. Il ragno te spaddhe russe mi è venuto incontro come si va incontro alle donne che si sentono improvvisamente estranee a tutto e non stanno più dentro né fuori di sé. Mi è venuto incontro mentre pensavo: ma questa in fondo che tipo di vita è? Mentre rimuginavo: possibile che non ci sia un modo più interessante di vivere? * * * Quel piccolo zampiddhu bastardo deve essere partito in pompa magna dalla campagna, da là, dove deve aver tessuto la ragnatela tra la spiga di grano e il fiore di tarassaco. Chissà quanti giorni e quante notti se ne era rimasto lì in attesa della preda o del passaggio misericordioso del santo. Quel santo che avrebbe dovuto manifestarsi a lui con un suono di campanello, e avanzare dopo il crepuscolo. Un piede dopo l’altro. Chissà se c’è ancora un sentiero per lui. Nella terra dei serpenti e dei carrubi. Già, prima di prendere la strada delle tubature il ragno deve aver aspettato che si calmasse il vento. Perché solo a quel punto santu Paulu si sarebbe affacciato da un muretto, il bastone alla mano sinistra, mentre con la destra avrebbe benedetto il suo veleno. Se poi tutto ciò fosse accaduto all’Orto dei Tu’rat, ecco che il santo oltre a benedire il ragno avrebbe benedetto i monconi carbonizzati degli olivi, la desolazione della campagna abbandonata, avrebbe benedetto anche il morto, quel morto che chissà se era davvero pronto a partire per il suo lungo viaggio, occhi bianchi come pianeti di ghiaccio. L’autrice Milena Magnani (Bologna 1964) Sceneggiatrice e drammaturga, ha esordito con il romanzo L’albero senza radici (1993) a cui hanno fatto seguito Delle volte il vento (1996) e Il circo capovolto (2008), entrambi ripubblicati per le nostre edizioni. Per anni è stata tra i redattori della rivista di letteratura sociale «Nuova Rivista Letteraria» fondata da Stefano Tassinari. Per Kurumuny è ideatrice e fondatrice di “Rosada”, una collana di poesia contemporanea, nata dal suo impegno nel progetto ambientale Orto dei Tu’rat.   Kurumuny Edizioni Kurumuny (dal grico “germoglio di ulivo”), nasce nel 2004 nel cuore nella Grecìa Salentina. La disponibilità del vasto archivio sonoro e di immagini di Luigi Chiriatti, ricercatore fin dagli anni Settanta, fondatore della casa editrice e oggi direttore artistico del festival La Notte della Taranta, ha permesso a Kurumuny si specializzarsi in ambiti quali l’etnomusicologia, grazie alle monografie sui grandi cantori del Salento, o di indagare a fondo riti e miti del Sud Italia. Tra i principali campi di interesse della casa editrice e discografica figurano il racconto dei territori attraverso le testimonianze orali dei popoli che li abitano, la documentaristica e le scienze sociali, la narrativa e la poesia, la world music. Kurumuny pratica un’editoria lenta, di qualità. Ogni libro rappresenta il frutto di un processo condiviso, un’opportunità unica di crescita e conoscenza per un’umanità nuova e in movimento.